Non dovevamo venire qui. La nostra meta infatti quest’anno era Kasos, la cugina vicina, ma remota. Ci eravamo detti: “Karpathos ha l’aeroporto, oggi è comparsa su tutti i dépliant turistici, non fa per noi”. Eppure, per tornare via terra questa era una meta obbligata. E ci ha stupito.
A Karpathos è arrivato il turismo, ma si concentra sopratutto a sud e l’isola può ancor riservare sorprese incredibili.
La sua conformazione geografica infatti ha di fatto impedito per secoli la comunicazione tra nord e sud: Karpathos è una sottile e lunga lingua di montagne a picco sul mare. Le montagne più alte di tutto il Dodecaneso fino a 1215 metri di altezza. Il sud è relativamente pianeggiante, mentre il nord rimane aspro e remoto. Qui si possono trovare gli ultimi villaggi in cui le donne portano ancora le tuniche tradizionali. I due estremi dell’isola hanno ancora oggi porti separati e i traghetti effettuano 2 fermate distinte.
La strada che collega il sud con il nord di Karpathos è stata finita solo nel 2014.
Come potete immaginare, appena arrivati sull’isola abbiamo diretto l’auto verso nord e siamo partiti: con la nuova strada muoversi sull’isola è più facile, tuttavia di tanto in tanto cadono sassi di varia dimensione e non di rado si vedono piccole frane, fin sull’asfalto. Attenti quindi, soprattutto se noleggiate una moto, a tornanti, colpi di vento e sassi.
Olympos e il nord
L’attrattiva principale del nord di Karpathos è Olympos. Una comunità antichissima dimenticata dal resto del mondo, abbarbicata sul monte omonimo che gli abitanti, vedendo alto e avvolto dalle nubi, avevano appunto chiamato come la famosa sede ellenica degli dei. La leggenda narra che gli abitanti di Karpathos amassero a tal punto la propria isola che, tanto tempo fa, si recarono in terraferma per rapire gli dei e portarli sulla loro montagna. Olympos è una comunità di circa 500 persone, autarchica e matriarcale. Nella piazza sulla sommità del paese potrete trovare le tavolate di uomini che cantano aspettando il passare del tempo. Da lassù si vede il mare Egeo che bagna entrambi i lati dell’isola. Olympos è ormai in declino, qui vivono soprattutto anziani, gli ultimi a non conoscere il mondo fuori o quelli che vi sono voluti tornare. Anche per questo merita una visita. I turisti sono l’unica fonte economica esterna e quindi la strada per arrivare in cima al paese è costellata di botteghe condotte dalle vecchie del paese che cercheranno di vendere alle donne che passano il velo tradizionale.
Avlona, il limite
All’ingresso di qualche negozio di Olympos non potranno sfuggirvi le rappresentazioni di un piccolo eden, una verde valle fertile in mezzo alla brulla e aspra Karpathos, Avlona. Direzione Nord. Avlona è il limite, la fine del mondo a Karpathos. Il paese è la memoria di un luogo che fu felice e vivace. Oggi la popolazione residente è composta da 16 persone, composta da 1 uomo, alcune donne e bambini. Tutti lavorano alla taverna, dove, molto probabilmente, mangerete quanto di più artigianale e a km0 mai vi potrà capitare in tutta la vita. All’ombra sotto la pergola di vite della Taverna Avlona ci sarete solo voi, il gestore, e forse come è capitato anche a noi, altre 2 o 3 persone che si spingono fino a qui nei giorni di alta stagione. Sentirete solo il rumore del vento e delle vostre posate.
Poco oltre la strada finisce e l’isola poco più in là. Esiste un piccolo gruppo di case in un porticciolo nascosto alla fine dell’isola, Tristomo. Tristomo si raggiunge a piedi da Avlona (attenzione, sono 8km e qui il sole picchia duro) o in barca da Diafani.
Diafani è il porto del nord. Un paese molto laterale rispetto al turismo di Karphatos, ma una bella base per visitare la parte più remota dell’isola. Qui c’è tutto l’indispensabile, e passa pure il “mulo dell’egeo”, il lento traghetto che attraversa tutto il mar Egeo partendo proprio da Karpathos.
Le spiagge a Nord
Non c’ altro nel Nord di notabile, o almeno non c’è nulla di ufficiale. Su entrambi i lati dell’isola abbondano infatti le mulattiere più o meno battute che vi porteranno a piccoli golfi o calette abbandonate e paradisiache. Per trovarle aiutatevi con Google Maps e siate prudenti. Con gli scooter è spesso imprudente. Molte auto non si potrebbero danneggiare. E sicuramente i grossi fuoristrada non passano.
Approfondimento
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro post dedicato al campeggio libero in Grecia.
A Karpathos abbiamo ritrovato il piacere del campeggio libero, quello remoto, selvaggio e solitario. Lo abbiamo fatto in una spiaggia sul lato orientale dell’isola, a metà strada tra Spoa e Olympos, raggiunta solo da una mulattiera ripida ai limiti della percorribilità, Agnotia Beach. La spiaggia è una distesa di ciottoli grigi incassata tra le montagne con un mare verde e blu intenso. Un nuovo piccolo angolo di paradiso greco. Non la troverete sulla lista delle spiagge ufficiali, ma su Google Maps è segnalata. Puntate la bussola qui.
Più a sud
Spoa è il punto di confine dove finisce il “nord” dell’isola e inizia la parte più. Qui la strada si divide in due per costeggiare le due coste ai lati dell’isola. E’ impossibile elencare il numero di spiagge e e di posti da visitare. Considerate che Pigadia, la capitale di Karphatos è a est, quindi di solito chi cerca pace e luoghi meno frequentati si dirige ad Ovest. Apella, protetta e fotogenica, nel 2004 fu nominata la spiaggia più bella d’Europa.
Kato Lefkos, è un bellissimo golfo, ma è stato parzialmente rovinato dalle iniziative locali turistiche. Poco più a sud però abbiamo incontrato un altro fuggitivo che ha trovato pace nelle isole greche. Cercate la locanda Pine Tree, vicino all’imbocco del Canyon di Adia (un bel luogo dove fare trekking). Sul menù c’è la storia dell’oste. Verrete accolti col sorriso, vi verrà offerta della frutta. Sul retro qualcuno pianta la tenda. Un luogo spartano, ma chi vi accoglie ha fatto del vivere qui una scelta di vita e la differenza si avverte.
Ad Arkasa ci siamo fermati un giorno. Il paesino è composto più che altro da guest house e piccoli hotel, molti realizzati da capitani di mare greci in pensione. Il golfo del paese è grazioso, soprattutto il lato sud più pulito e protetto. Qui si fa anche surf.
Da Arkasa fino all’aeroporto, tutto il lato sud è brullo e battuto dal vento. Ci sono diverse spiagge, che senza montagne alle spalle iniziano a farsi larghe. In quest’area ci sono pochi centri, molte case private, anche di italiani.
Attorno all’aeroporto, c’è il regno di surf di Karpathos: surf, windsurf, kitesurf e qualsiasi cosa si possa fare un un mare verde e blu spazzato dal vento. Se amate correre sulle onde è il vostro posto. E’ pieno di giovani e c’è un aria allegra, anche se a noi mancava quel senso di quiete e scoperta così particolare e così greco.
Se esplorate il sud, passate per Menetes, il paese arroccato sulla montagna che domina la parte meridionale sull’isola. A metà tra Arkasa e Pigadia (Karpathos), Menetes è un piccolo centro medievale ancora originalmente greco. Al bar del paese troverete i vecchi giocare a carte e chiaccherare per la giornata. Dalla terrazza della chiesa parrocchiale si ammira la vista sul golfo di Pigadia.
Pigadia
Pigadia è la capitale di Karpathos. Il centro pulsante dove transita il turismo, sia che arriviate in aereo o in nave. Qui troverete tutto quello che cercate: ferramenta, forni, supermercati, assistenza medica. Pigadia affaccia sulla lingua sud della spiaggia più grande di Karpathos, 4 km di sabbia bianca. Qui, in una ferramenta ai margini della città verso Menetes, abbiamo trovato il vetro di ricambio per una lampada a gas comprata 10 anni fa a Limnos!
Il mulo dell’Egeo
Se amate viaggiare zaino in spalla avrete preso almeno una volta nella vita un traghetto nel mediterraneo e dormito sotto le stelle o in qualche angolo al riparo dell’umidità su una vecchia nave arrugginita. Oggi le navi sono meno arrugginite, ma il tour completo dei confini dell’Egeo in 22 ore di navigazione vi metterà alla prova: Karpathos, Rhodi, Symi, Kos, Kalymnos, Leros, Lipsi, Patmos, Fourni, Ikaria, Pireo. Trovare i posti migliori sarà strategico. Molti anni fa montavamo la tenda in un angolo del ponte e dormivamo all’interno sui materassini. Saranno cambiate le navi e saremo cambiati noi, quest’anno non ci siamo fidati. Sulla Bluestars Patmos, la nave che ci ha ospitato, abbiamo trovato posto in fondo nella sala poltrone, utilizzando delle poltroncine della sala TV come poggiapiedi. In questo modo avevamo tre letti uno in fila all’altro! Alla mattina siamo stati svegliati da un gruppo di monache ortodosse montate in una fermata notturna del traghetto, che intonavano canti in greco antico. Ouch!
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